Pillole Francescane
Alcune curiosità sulle vite dei Santi francescaniPillole Francescane
Alcune curiosità sulle vite dei Santi FrancescaniAlcune curiosità sulla vita di San Francesco
La Chiesa di San Damiano
Dopo la prigionia il suo animo inquieto, nella ricerca di solitudine e di risposte, lo porta a sostare a S. Damiano, chiesetta fuori Assisi, dove avverte l’invito a riparare quella chiesa mezza diroccata. Così vende una gran quantità di stoffe, distribuisce ai poveri una parte del ricavato e ne dà gran parte al sacerdote di quella chiesa, per ripararla. Agli occhi del padre questo è solo l’ultimo e più grave atto di sperpero e furto dall’azienda di famiglia. Francesco, chiamato a rispondere davanti al vescovo, restituisce tutto, compresi i vestiti, spogliandosi pubblicamente.
Il concetto di Fratellanza
Il difficile rapporto con il padre lo condurrà a dire: “Non dirò più padre mio Pietro di Bernardone, ma Padre nostro che sei nei cieli”. Questa scoperta della paternità di Dio, come reale punto di riferimento esistenziale ed affettivo, è alla base della sua visione del mondo e delle creature come fratelli e sorelle. Se c’è un solo Padre, tutti gli altri non possono che essere fratelli e sorelle. Sarà allora spontaneo chiamare fratelli, perché mandati dal Padre, i primi che si avvicinano a lui per condividere la sua vita di povertà e preghiera. La dimensione fraterna sarà sempre più approfondita da Francesco. Per esempio in riferimento a Cristo, Francesco dirà: “Com’è bello avere un tale fratello che ha dato la sua vita per noi!”. Soprattutto questa fraternità si arricchirà dell’aggettivo “minori” ad indicare che essi dovevano essere i più piccoli, accompagnarsi cioè con persone povere e disprezzate, condividere la loro condizione di scartati.
San Francesco e la Pace
I biografi di San Francesco narrano vari episodi in cui il Santo di Assisi è intervenuto per ottenere la pace nelle città dell’Italia comunale, sempre in lotta fratricida. Ad Arezzo dove si recava per predicare, vide la città sorvolata da diavoli e ordinò al suo confratello che era sacerdote di fare un esorcismo, mentre lui avrebbe pregato per la pace in quella città. Forma narrativa per dire che la pace nasce scacciando le logiche egoistiche dalla comunità civile. Notissimo è l’episodio – parabola del lupo di Gubbio, dove Francesco interviene per fare pace tra i cittadini e un lupo feroce, probabilmente un tiranno locale che opprimeva la popolazione. In quell’occasione manifesta anche una pratica moderna di composizione dei conflitti. Cioè il dialogo e la trattativa, in cui c’è la comprensione delle esigenze di entrambi e lo sradicamento delle cause reali del conflitto (in quel caso la fame).
Il Cantico delle Creature
Nella primavera del 1225 Francesco, malato agli occhi, al punto da non vedere ormai quasi nulla, era ospite nel monastero di S. Damiano, in una celletta in giardino. Dopo una notte molto tormentata per la malattia e per i topi che circolavano in quella cella, in seguito probabilmente ad una visione nella quale il Signore gli assicurava la salvezza, Francesco si alzò sollevato da ogni angoscia per esprimere la sua lode a Dio con il “Cantico di frate sole”, o delle creature. Questa sua fratellanza con le creature aveva un fondamento religioso, cioè la consapevolezza che ogni creatura era stata voluta da Dio per un atto di amore e manifestava un tratto della sua bellezza e bontà. Come dice nel Cantico: “messer lo frate sole che de Te, Altissimo, porta significatione”. Francesco era consapevole che non si può sperimentare l’essere figli di Dio amati, senza riconoscere e condividere questo amore riversato da Dio su ogni creatura, che perciò diventa fratello e sorella.
Il concetto di Natura
Il suo messaggio di fratellanza universale con le creature oggi è condiviso da milioni di persone anche non cristiani e non credenti. È stato rilanciato anche nella Chiesa da innumerevoli interventi di papi e vescovi, fino al punto che Papa Francesco ha dedicato un’enciclica apposita al problema ecologico, intitolandola con le prime parole del Cantico: “Laudato si”. In particolare si pone l’accento sulle cause economiche dell’attuale degrado ecologico. Esso infatti ha subito un’accelerazione impressionante proprio a partire dalla massiccia industrializzazione dei secoli XIX e XX. Proprio per questo un elemento fondamentale del necessario cambiamento di rotta è un’economia sostenibile.
Economy of Francesco
Per favorire questo cammino, Papa Francesco nel novembre 2020 (e poi negli anni successivi) ha convocato ad Assisi giovani da tutto il mondo con esperti economisti e imprenditori, studiosi dell’ambiente e della società per dar vita a quella che è stata chiamata “Economy of Francesco”. Essi hanno studiato e proposto pratiche concrete di un’economia fraterna, in parte già da essi vissuta, che è al tempo stesso rispettosa della natura, e inclusiva dei poveri, non lasciando nessuno fuori dalla partecipazione ai beni prodotti e al godimento di un ambiente salubre e bello. Proprio in questo si può toccare con mano che il grido della terra maltrattata e spogliata, è un tutt’uno col grido dei poveri sfruttati e scartati, che più di tutti sopportano le conseguenze mortali della distruzione della creazione e delle culture umane originarie, a vantaggio di pochi.
Il tema della povertà
Nell’immaginario comune la figura di S. Francesco è legata all’esperienza dell’estrema povertà. Dante stesso, ne legge la grandezza e forza profetica sotto questa lente: “che per tal donna, giovinetto, in guerra/ del padre corse…poscia di dì in dì l’amò più forte… dove Maria rimase giuso/ ella con Cristo pianse in su la croce” (Par. XI,58-72).
Francesco, in realtà sceglie con tanta determinazione, e prosegue con così grande radicalità la via della povertà, per essere come Gesù, soprattutto Gesù nato povero, vissuto in povertà “con la sua madre poverella” e morto nella nudità sulla croce. Francesco dunque, è molto attento a far assumere ai suoi frati il giusto atteggiamento di povertà, che è quello interiore, cioè umiltà e obbedienza reciproca tra i fratelli e davanti a Dio. Infatti egli ammonisce coloro che “fanno molte astinenze e mortificazioni corporali, ma per una sola parola, che sembri loro ingiuria, o per qualche cosa che venga loro tolta, subito si irritano, non sono veri poveri di spirito” (Amm XIV).
Senza questo atteggiamento è anche difficile essere poveri, senza sbandierarlo e avvicinarsi agli altri poveri con umiltà, e non con paternalismo, ma stando vicino e condividendo la loro sorte. È così che la loro vita comincia ad essere riscattata, perché non più esclusa e disprezzata. Solo così l’aiuto concreto, comunque necessario, non diventerà un alibi per giustificare esclusioni e classificazioni. D’altra parte la sua vita garantisce che egli non si è limitato ad una dimensione interiore, ma è stato davvero povero e ha fatto tutto per accogliere i poveri.
Alcune curiosità sulla vita di Sant’Antonio
Fernando, era un giovane di Lisbona, appartenente ad una famiglia dignitosa. A quindici anni, desideroso di una vita di perfezione e di approfondimento della parola di Dio anche con lo studio, entra nel monastero degli Agostiniani, poco fuori le mura della città. Dopo due anni chiese di esser trasferito a Coimbra.
Il nome Antonio
Quando senti parlare dei primi martiri francescani, uccisi a Marrakech nel 1220, chiese di entrare nell’Ordine francescano, a patto che lo mandassero tra i Saraceni a predicare e ricevere il martirio. Così prese il nome di Antonio, al quale era dedicato il convento dei frati.
Una vita piena di spostamenti
I frati lo fecero dunque partire per il Marocco, ma, ammalatosi gravemente e non potendo far nulla, decise di tornare. Una tempesta lo spinse sulle spiagge della Sicilia, da qui condotto ad Assisi, poté vedere Francesco e alla fine si unì ai frati della Romagna e dimorò all’eremo di Monte Paolo (Forlì). Per caso, venuto a mancare un predicatore, nell’occasione dell’ordinazione presbiterale di alcuni frati, fu chiamato a dire qualche parola di esortazione. Ma la sua sapienza teologica e la sua ispirazione lo rivelarono come predicatore di gran classe. Così da quel momento si mise in cammino per tutta l’Italia settentrionale e la Provenza per predicare il Vangelo, confutando gli eretici e richiamando gli usurai e i tiranni a convertirsi.
Il santo dei miracoli
Sant’Antonio è anche conosciuto come il santo dei miracoli, ecco qui sotto il racconto di alcuni dei suoi miracoli più conosciuto attribuiti al Santo di Padova. Quali e quanti sono i miracoli attribuiti a sant’Antonio? Innumerevoli. Qui sotto ne abbiamo scelti due in particolare: Il miracolo della mula e la predica ai pesci, ma anche la tradizione della distribuzione del pane ai poveri nasce essa stessa da un miracolo.
La predica ai pesci
A Rimini Antonio incontrò la più dura opposizione da parte degli eretici che cercarono di disturbare la sua predica con urla e schiamazzi. Un giorno Antonio gridò loro: “Non volete ascoltarmi? Bene, andrò a parlare con i pesci del mare!“. Poco dopo “… subitamente venne alla riva tanta moltitudine di pesci grandi, piccoli e mezzani, che mai in quel mare, né in quel fiume ne fun veduta altra moltitudine; e tutti tenevano i capi fuori dall’acqua, e tutti stavano attenti con mansuetudine e ordine. Allora Antonio vedendo tanta reverenza inverso di Dio, rallegrandosi in ispirito, in alta voce disse: Fratelli miei pesci, molto siete tenuti di ringraziare il Creatore che v’ha dato così nobile elemento chiaro e trasparente e cibo per lo quale possiate vivere… A queste e somiglianti parole, li pesci cominciarono aprire la bocca e inchinarono li capi, e con questi e altri segnali di reverenza, lodarono Iddio“.
Miracolo della mula
I fedeli che avevano assistito al miracolo dei pesci, ritornati in città, raccontarono agli amici ciò che avevano visto. Un eretico irremovibile, scuoteva la testa incredulo dicendo: “La vostra è stata un’illusione collettiva: le onde vi sono sembrate pesci. Soltanto un miracolo potrebbe convertirmi”. La cosa fu riferita al Santo che gli propose: “Se la tua mula adorasse il SS. Sacramento ti convertiresti?”. L’eretico ridendo disse: “Se proprio ci tieni a convertirmi, terrò la mula digiuna per tre giorni, vedremo se riuscirai a convinverla“.
Antonio accettò e dopo tre giorni fu coondotto alla mula affamata. Il Santo, reggeva l’Ostia consacrata, mentre l’eretico porgeva alla mula della biada incitandola a mangiare. L’animale, fissando l’Ostia, lentamente piegò le ginocchia in segno di adorazione: la folla gridò al miracolo.
Sant’Antonio dona il pane ai poveri
Il miracolo eucaristico di Rimini (o della mula)
Il miracolo della predica ai pesci
Sant’Antonio dona il pane ai poveri
Il miracolo eucaristico di Rimini (o della mula)
La predica ai pesci
Curiosità!
Secondo alcuni la leggenda di mettere tra i miracoli di Sant’Antonio anche il ritrovamento degli oggetti smarriti, nasce dalla svista di un amanuense che nel copiare il testo originale “membra viresque perditas” (“le membra e le forze perdute”) avrebbe tralasciato il “vi” della parola “viresque” modificando il significato della frase “le membra e le cose perdute”!
Lo sapevi?
Alcune curiosità sulla vita di Santa Chiara
Chiara nacque nel 1193 nella famiglia nobile di Favarone di Offreduccio. La madre gli diede quel nome perché mentre era incinta, durante una preghiera in chiesa davanti alla croce le fu detto: “tu parturirai uno lume che molto illuminerà il mondo”. Chiara era dunque una ragazza e che aveva sensibilità per i poveri e desiderio di vita cristiana intensa, come fanno intendere il fatto che portava un cilicio, che respinse varie proposte di matrimonio e che, appena ne sentì parlare volle incontrare Francesco.
Gli incontri con San Francesco
Chiara e Francesco s’incontrarono diverse volte. Francesco le parlava della sua scoperta di Cristo nella povertà e nell’adesione totale al Vangelo e la accompagnava nel discernimento della volontà di Dio. A 18 anni, la notte della domenica delle Palme del 1211, d’accordo con Francesco, e probabilmente anche col Vescovo, fuggì da casa e fu accolta dai frati alla Porziuncola, dove tagliò i capelli, vestì il ruvido saio e il velo. Dopo un primo breve periodo nei monasteri di Bastia e del monte Subasio, si stabilì a S. Damiano, che Francesco aveva restaurato, profetizzando la venuta di una comunità di signore che per santità avrebbe illuminato tutta la Chiesa.
Chiara a San Damiano
La vita di Chiara a S. Damiano era caratterizzata dalla prolungata e intensa preghiera e dall’estrema penitenza. Francesco stesso le suggerì di mitigare il digiuno e mangiare almeno un po’ di pane e acqua. Una preghiera che non si stacca dalla storia, ma continuamente fa memoria dei benefici ricevuti da Dio e si fa carico del bene della città minacciata dai saraceni, che ella allontana con la preghiera. La ricerca della più grande povertà, per essere il più possibile simile a Cristo, fu un tratto permanente della vita di Chiara che la portò anche ad opporsi al Papa che voleva che il monastero avesse delle proprietà per una sicurezza minima di vita.